Emergenza alimentare: "la fame non raccontata"
Autunno 2021. Un anno e mezzo dopo l'inizio della pandemia i dati ISTAT registrano in Italia un milione di nuovi poveri(da 4,6 a 5,6). Partendo da un dato così allarmante, l'associazione internazionale ActionAid ha condotto, in collaborazione con CSV Miano e con il contributo di La Rotonda, la ricerca "La fame non raccontata": un'indagine sulla povertà alimentare e su come la pandemia abbia ulteriormente aggravato questa situazione.
La fame non raccontata non è solo di cibo
Dalla ricerca emerge innanzitutto che le risposte messe in campo dalla politica spesso non sono sufficienti per rispondere a questa emergenza: nel 2020 il governo ha stanziato 400 milioni in buoni pasto limitandosi a soddisfare il bisogno più immediato, quello della mancanza di cibo, senza comprendere che il tema risulta decisamente più complesso e che occorrono soluzioni lungimiranti e in grado di intervenire contemporaneamente sui vari aspetti che compongono il problema.
Come riportato nello studio, non si tratta unicamente di un bisogno alimentare ma di un tema che riguarda anche aspetti culturali e sociali di cui occorre tenere conto. Quali sono le storie di queste persone? Perché chi s'impoverisce decide di economizzare proprio sulle spese alimentari dando priorità ad altri tipi di necessità? Da dove occorre partire per affrontare adeguatamente questo problema?
Volendo rispondere a queste domande ActionAid ha deciso di muoversi direttamente sul campo, coinvolgendo in questo lavoro anche quattro realtà significative che si occupano di assistenza alimentare sul territorio metropolitano di Milano e che durante la pandemia hanno visto un aumento delle richieste d'aiuto (da 671 famiglie complessivamente assistite nel 2019 si è passati a 1151 agli inizi del 2021): APS La Rotonda è una di queste.
La voce di chi ha fame
«Non vedo futuro, non sai come affrontare le cose, cosa gli [al figlio] metti in tavola, cosa gli dai da mangiare, io non dormivo la notte. Durante la pandemia mi svegliavo tutte le notti, e ancora adesso mi sveglio la notte, fai fatica ad addormentarti e il giorno dopo sei stordita. Ti porti tante cose dietro, ad esempio adesso ad agosto loro sono chiusi (l'Associazione) e pensi "ce la farò?". Mi causa stress, io nel mio piccolo cerco di fare il possibile, non sprechi, cerchi di ottimizzare quello che hai. Anche se dormi sembra che non riposi mai, il cervello non riposa».
Questo estrapolato è tratto da una delle 14 interviste che ActionAid ha svolto con famiglie assistite da La Rotonda per cercare di conoscerne le storie e per comprendere meglio quali siano i loro bisogni effettivi: sono in gran parte famiglie di origine straniera (61%) formate da 4 - 5 membri. Il primo bisogno che hanno, una volta arrivate in Italia, è quello di trovare una casa ed è proprio in questa ricerca che investono i propri risparmi e le forme di sussidio statale che circa il 50% di loro riceve regolarmente. Le spese alimentari diventano ben presto secondarie.
«So che siamo qui per parlare di cibo, ma un altro problema è la casa, abitiamo in 45 metri quadrati. Stiamo cercando un'altra casa, ma non ce la vogliono dare perché siamo musulmani. Parlate con il proprietario della casa in cui abito io, per pagare l'affitto piuttosto poi mangio pane e acqua, la prima cosa è l'affitto, perché lo so che non si deve rischiare»racconta una donna che La Rotonda aiuta sì nella ricerca di un alloggio ma allo stesso tempo sostiene garantendole l'accesso a un'alimentazione sana.
La fame è un problema di cui si fanno carico le donne
Il materiale raccolto da Rotonda ha poi fatto emergere un ulteriore dato che vale la pena sottolineare: In un panel rappresentativo della composizione della popolazione che si rivolge agli enti del territorio, l'81% degli intervistati è una donna. Sono madri che per prime accettano di sacrificarsi per il bene dei figli: "ho saltato molti pasti perché preferivo che mangiassero loro, se avevo due uova le davo a loro e io non ne mangiavo" confessa una signora di origine straniera di Baranzate. Sono loro all'interno della famiglia ad occuparsi delle faccende domestiche e di amministrare l'economia familiare.
«Tutto quello che io guadagno lo spendo in affitto, per la casa. Grazie a Dio che vengo qua per il mangiare, perché tribolo. Io pago 600 euro di casa. Lo stato a me non dà nulla. Ho provato a chiedere un sostegno di affitto ma niente» ammette una delle intervistate.
Perché il cibo sia un diritto e non un bisogno
I risultati di questo lavoro evidenziano dunque non solo la complessità e la multidimensionalità del problema, ma anche l'importanza di realtà come La Rotonda, in grado di sostenere i beneficiari su tutte le dimensioni coinvolte cercando di creare occasioni di ripartenza e autonomia. Allo stesso tempo appare altrettanto chiaro che da soli enti come il nostro non sono in grado di rispondere a un tale aumento della richiesta d'aiuto e occorre un adeguato e continuo sostegno statale: perché questo avvenga però, sostiene la ricerca di ActionAid, è necessario innanzitutto iniziare a «pensare al cibo come a un diritto e non a un bisogno».